Serata finale: non è mica finita qui. Ci rivedremo tutti molto presto
by Martino Serra (photos by Francesca Traverso)
A me gli addi fanno piangere e spesso per giorni non mi fanno dormire la notte, Ma questa notte vado a letto tranquillo. Non avrò l’ansia che mi porti a pensare che dovrò aspettare un anno prima che il tutto si ripeta. Questo perché non è un addio ma un arrivederci quello di stasera. E non mica un arrivederci all’anno prossimo soltanto. Un arrivederci a molto prima che si pensi visto il successo che ha ottenuto la tredicesima edizione del Festival delle Periferie, non a caso per le retrovie dei backstage si narrava di eventi a random che si organizzeranno nel corso dell’anno. E io presenterò di nuovo!
Eh si, ormai le band in mano all’associazione Metrodora, dopo tredici anni di onorato servizio sono davvero tante e tutte con una scimmia incredibile di suonare, di stare sul palco, di brandire chitarre, scotennare bassi, rullare batterie, spremere campionatori, imballare loops, sfoderare ugole d’oro, esprimere odio ed esprimere amore in una girandola di parole scritte in una notte di sudore. Insomma, sul borderoux del Festival delle Periferie c’è la firma di chi in questo ventennio di decadimento artistico ha saputo essere fedele alla linea e portare avanti progetti musicali degni dei più rinomati premi artistici.
Da un ultima serata di un festival ti aspetti ci sia un pubblico degno.
E Gesù così fa fatto, ci ha mandato il miglior pubblico che un festival sogni di avere.
Vi racconto come è andata, più per fa rodere chi non c’era che per ricoradare la serata a chi c’era.
Dopo avere registrato qualche intervista video nell’ora del tramonto tra le verdi siepi di Villa Bombrini, mi affretto alle 20.58 a correre nel backstage del palco, dove trovo pronti, freschi e pimpanti i Cardiophonic tutti eccitati di salire. Parlavano spesso tutti insieme e con l’ansia di salire sul palco a fare l’apertura, forse qualcosa dei loro discorsi me la sono persa. Ho solamente realizzato che sti qua mi piacevano già solo per come erano veri.
Sono partiti spingendo forte sui ritmi e ci hanno dato davvero duro per un bel po’, ci credevano tutti nella loro performance e sapevano come muoversi sul palco, ma cosa mi ha dato prova davvero della loro natura era che una buona parte del pubblico sapesse i loro testi, che venivano inneggiati da dita rockettare o da balli woodstoockiani.
Poi l’ansia da prestazione mi ha fatto correre sul palco a presentare il loro congedo ed introdurre i prossimi artisti, ma quando mi trovai col microfono in mano a ripetere la solita manfrina: “..e loro sonoo..” Roberto, bassista dei Cardiophonic mi riprende il microfono e mi dice: “ma no. ne abbiamo ancora una..”.. belin che smarrono..e sono corso nel retro del palco. Che carino Roberto, ha dedicato dal palco un pezzo a sua sorella Michela, che non era nemmeno li, ma vive in Trentino.
Nel retro del palco incontro finalmente i Deerive, dei veri cazzeggiatori che si presentano all’evento tre minuti prima della performance e, quando li ho incontrati, stavano facendo un casino boia tra loro. Parlavano tra di loro tutti assieme e si capivano benissimo, il tutto mentre io cercavo di spiegargli che nel giro di un minuto saremmo dovuti salire e mente io come da copione avrei fatto qualche domanda al frontman dei Cardiophonic, loro avrebbero dovuto trovare il tempo di collegare gli strumenti in modo da far collimare la loro presentazione con la partenza della loro performance.
I Deerive non sono gente che ha tempo da perdere, non la racconta e non intrattiene con intro da perdibraghe. Hanno nel corso degli anni variato il nome della band almeno quattro volte, ok, non è gente a posto direte voi, ma a noi interessa che ci facciano saltare e se chiedete in giro per le strade, alla gente che era li stasera, se si sono fatti davvero partire l’anca o la gambetta quella sera al Periferie coi Deerive, nella grande maggioranza dei casi la risposta sarà positiva. Il bassista suonava scalzo, faceva un caldo immane e i faretti del palco non aiutano, ma i Deerive, con la chitarra a centro palco guidata da Fabrizio, il pubblico che saltava, un flusso di gente che continuava ad entrare e un ultima luce di tramonto che sopiva ad ovest, ci hanno dato a intendere che la serata ci avrebbe riservato ancora un mondo tutto quanto da scoprire.
E così era. I Fun-Q che nel backstage si disperdevano di continuo e continuavo a non capire chi fossero chi o cosa, dopo minuti di completo disastro comunicativo riesco a presentarli al pubblico nel migliore dei modi, un po’ come avessi realizzato il sogno di chiunqe stia su un palco e per politically correct non può esprimere sensazioni proprie, ma io ho avuto questa opportunità: E ora..Fan-Q!
Beh, quando una band ha alla batteria un icona delle boy-band dell’ultimo ventennio, può già vantare di essere un gradino sopra tutti. Il batterista era dei Meganoidi e si è rimesso in gioco in nuovi progetti. Ma la fortuna dei Fun-Q non è solo quella, ma quella di saper comunicare con il pubblico, esprimere i propri sentimenti tramite il loro rock senza tanti giri di parole. Riccardo, rigorosamente scalzo dal caldo, saltava sul palco incitando un pubblico che conosceva i loro testi a memoria e ce ne erano parecchi a cantare tra il pubblico, altri ballavano, altri alzavano semplicemente il braccio in segno di approvazione emotiva. Riccardo intanto saltava e cantava godendosi il pubblico, come avesse dato l’aima per loro per esprimere i loro testi, e tutto questo lo faceva come non ci fosse un domani.
Alessandro Adesso, direttore artistico del Festival delle Periferie, lo vedevi continuamente spuntare da ogni angolo in cui ti trovavi, non si muove foglia in quell’area senza che Adesso lo voglia. Io correvo di continuo tra una presentazione, un immersione tra il pubblico a godermi le band, un saluto a qualche conoscenza e amicizie che c’erano tra i presenti, ma se avevo bisogno di sapere una qualsiasi cosa, la presenza di un artista, la durata di una band, un omaggino per la birrina, lui lo trovavi sempre, sotto al palco a complimentarsi con le band, sotto al palco ad accompagnare la band, al bar a chiederti se era tutto a posto, nei dintorni del palco per vedere se tutto scorreva come doveva essere. Che tipo, davvero forte, dovrebbero essere così tutti i direttori artistici. Dovrebbero sapere tutto, essere dovunque e onnipresenti.
L’omaggio che ci hanno regalato i Fungus per l’ultima serata, ci ha davvero onorato, non solo noi come associazione Metrodora, ma parlo a nome del pubblico, che è venuto apposta ed ha aspettato tutta la sera il loro cammeo di 15 minuti in onore del loro ex chitarrista Alessandro J. Blisset, prematuramente scomparso e a cui il XIII Festival delle Periferie ha voluto rendere omaggio dedicandogli il festival e rappresentandolo come icona del logo ufficiale dell’evento.
Io i Fungus me li sono scesi ad ascoltare tra il pubblico e tra una gomitata e l’altra, ho sentito il frontman dei Goonies, invischiato tra il pubblico, dire: “se ci sono i Fungus devo bermi una birra”
Gli Eremite, attesissimi e che hanno portato pubblico fino a qualche minuto prima che iniziasse il loro turno sono partiti lenti, ma con un atmosfera davvero da fantasia, hanno preparato l’atmosfera, lasciandoci così, come volerci far abbracciare l’un l’altro, come a dire, beh che fate, non vi baciate tra di voi? Poi, quando eravamo pronti per stringerci tutti e spaziare tutti insieme in quel limbo d’amore e fantasia, il batterista, Fabio Cuomo, fondatore degli Eremite, ha schiacciato pesante con la batteria, Leandro alla chitarra ha spinto di cattiveria sulle corde e Giulia ha dato di basso come una guerrafondaia, l’amore che vedevo aleggiare tra di noi è svanito come la fiamma di una candela e il pubblico ha cominciato a saltare e cantare i loro pezzi..minchia, ero l’unico che non ne conosceva una nota..mi sono sentito piccolissimo, io nel baciarmi qualcuna li in mezzo ci stavo quasi credendo!
Un ora di performance, senza mollare di mezza battuta, hanno espresso potenza, capacità e decisione. Abbiamo dovuto chiedere il bis, non li avrei fatti scendere da li se non ce lo avessero concesso a costo di prendermi una testata da Fabio, che è all’incirca 2 volte e mezzo la mia corporatura. Il pubblico ha esultato.
E così gli Eremite hanno chiuso con noi quest tredicesima edizione del Festival delle Periferie, mi hanno fatto la base mentre ringraziavo lo staff e facevo i saluti finali, è stato eccitante, è stato un po come cantare con loro e un po’ così è stato, perché con la loro base sotto io ho avuto l’opportunità di scandire musicalmente il gran finale di questo grande ed immenso festival.
Certo, mi mancheranno un po’ tutti, vorrei per questo ringraziare tutto lo staff Metrodora che mi ha fatto sentire un membro della famiglia, a partire dal presidente Roberto Giannini, Alessandro Armosino, che vive ogni festival come fosse sempre il primo, Alessandro Adesso, tutti i ragazzi dello staff di cui purtroppo non ricordo i nomi, le ragazze del bar e quella dei panini,i ragazzi di Radio Jeans, che si sono dati tanto da fare e ci faranno sentire tutte le interviste su metrodora.net, i tecnici, Dimitri, Gianluca, Jasmine, la fotomaker Francesca Traverso, con il viso innocente ma l’occhio arguto della fotografa, ma soprattutto tutto il pubblico che ha sostenuto l’evento e che come ogni anno dimostra di essere una voce fuori dal coro, sostendo queste iniziative dove si fa musica coi sentimenti e no per lucro.
Un abbraccio forte va a tutti i musicisti, autori, poeti, band, duetti, trii, di queste quattro giornate che ho avuto l’onore di presentare a questo tredicesimo Festival delle Periferie.
Allora stanotte posso andare a letto tranquillo, perché so che ci rivedremo tutti molto presto.
Grazie di tutto.
Davvero.
Vi aspetto.