Recensione libro: Pino Cacucci – Puerto Escondido -1992
by Alessandro Zito
In una calda e opprimente estate bolognese un uomo come tanti, paralizzato dentro una vita che non lo soddisfa e privo di ogni stimolo necessario a darle una svolta, si ritrova catapultato in una storia incredibile nella sua assurdità.
La prima parte del libro è perlopiù il racconto di una fuga: il protagonista, per motivi subito non chiari al lettore, viene perseguitato da un poliziotto fuori di testa che tenta più volte di ucciderlo. Il pericolo che incombe è lo stimolo che lo spinge a lasciare di corsa la sua poco soddisfacente vita per allontanarsi anche solo temporaneamente dalla città.
Da questo momento in poi entra in una spirale di eventi che lo trascina da una parte all’altra del Mediterraneo, solo, con tutti i suoi averi stipati in una borsa, pochi soldi in tasca e la figura del poliziotto che continua a braccarlo come se sapesse in anticipo tutte le sue mosse.
In questa costante fuga senza una meta il protagonista prende un volo per il Messico. Qua ci si immerge nel cuore della storia e si finisce in un mondo dove i ritmi e gli schemi della cultura Occidentale non solo sono lontani anni luce, ma semplicemente non hanno più senso. Un mondo dove la vita la si rischia ogni minuto, e si apprezza ogni minimo dettaglio della vastità che ci circonda. Il confine tra lecito ed illecito, come quello tra realtà e immaginazione si fa sempre più sottile fino a svanire: gli sceriffi sono i primi a delinquere e l’uso e lo spaccio smodato di droghe di tutti i tipi è all’ordine del giorno.
Il messaggio che l’autore riesce a trasmettere alla perfezione è come in queste terre, dove la vita è priva dei fronzoli e delle futilità del consumismo, ogni singolo momento venga vissuto appieno e soprattutto quanto siano importanti e preziosi i legami con le persone, che possono ricomparire quando meno lo si aspetta.
Tra un capitolo e l’altro il racconto è ricco di momenti molto forti, che rimangono impressi nella mente anche dopo aver concluso la storia, conditi da uno stile narrativo coinvolgente fino all’ultima pagina. Una volta chiuso il libro si fa fatica a riaffiorare nella realtà: sembra quasi di avere ancora gli occhi accecati dal sole del deserto messicano, inebriati da qualche pezzo di peyote e la musica degli U2 che ancora risuona nelle orecchie…