Fabrizio e Stefano Gilardino – Il quaderno punk – recensione
A chi è nato con i computer, Internet, Wikipedia e Yuotube, Il quaderno punk: 1979-1981 la nascita del nuovo rock italiano (titolo completo) di Fabrizio e Stefano Gilardino, pubblicato qualche settimana fa da Goodfellas per la collana Spittle, potrebbe sembrare un oggetto non identificato, atterrato qui da noi da un passato lontanissimo.
Eppure sono trascorsi appena 40 anni da quando i fratelli Gilardino (oggi impegnati tra grafica e giornalismo), in piena adolescenza e dopo uno scontro frontale col punk avvenuto grazie ai servizi televisivi di Odeon e l’Altra Domenica trasmessi alla fine del ’77, avevano deciso di fare la cosa più semplice e naturale per due teenager dell’epoca: annotare, con tanto di ritagli di giornali e riviste, tutto ciò che si diceva e si scriveva in giro del “nuovo rock” italiano.
E quindi non Sex Pistols, Clash e Ramones, di cui – pur con tutte le lacune del tempo – si parlava con una certa frequenza sulle pubblicazioni specializzate, ma quelle piccole band che, anche nel nostro provincialissimo Paese, erano rimaste folgorate dall’incendio di Londra e New York.
Un lavoro certosino e a uso domestico, fatto di lunghi elenchi di gruppi, con tanto di città di origine e formazione completa, annotati con cura lungo le pagine a quadretti di un quadernone comprato nella cartoleria sotto casa. Insomma una faccenda piuttosto privata che però, grazie alla Goodfellas, ora diventa pubblica sotto forma di copia anastatica. Il quaderno fissa un orizzonte temporale ben preciso che va dal 1979 al 1981, e cioè la prima e pionieristica scena punk italiana, che precede l’avvento dell’hardcore (che è tutta un’altra storia e gode, decisamente, di un’attenzione maggiore, tra pubblicazioni e ristampe).
A impreziosire l’intero lavoro ci sono poi 5 interviste a 5 gruppi del nuovo rock italiano fatte in tempi recenti da Stefano Gilardino e un cd antologico di 21 canzoni, con parecchie chicche e qualche inedito. Due “aggiunte” non da poco, che aumentano notevolmente il valore della pubblicazione. Anche perché, al di là dell’innegabile fascino che suscitano le pagine riprodotto del quadernone (ci sono gruppi dai nomi assurdi e durati, probabilmente, il tempo di un paio di prove in saletta, ma anche “intrusi” eccellenti come Gianna Nannini, a dimostrazione della splendida confusione che aleggiava ai tempi) è “l’integrazione” il piatto forte di questo riuscitissimo progetto editoriale.
Partiamo dalle interviste che sono, nello specifico, a Confusional Quartet, Clito, No Submission/Wax Heroes, Dirty Actions e Jumpers/198X: cinque band insolite, se mi passate l’aggettivo, di cui si parla raramente quando si ricostruisce la storia del punk italiano. Di solito i nomi che si citano con più frequenza – anche se parliamo pur sempre di nicchie – sono Skiantos, Gaznevada e Kandeggina Gang: tutti gruppi incredibili e fra i miei preferiti, ma di cui gli appassionati sanno già parecchie cose. Delle Clito, invece, tanto per citare la band più oscura delle cinque, si è sempre saputo pochissimo. Dovevano incidere un 45 giri su Cramps per la serie Rock 80 e invece furono rimpiazzate – racconta la leggenda – dai Dirty Actions (poi ne parliamo…), hanno fatto i cori in un disco degli Area, hanno partecipato a un film di Fellini e registrato un singolo su Italian Records, riemerso solo 30 anni dopo nel mitico cofanetto pubblicato 5 anni fa da Spittle.
In questa chiacchierata pubblicata sul “Quaderno punk” fra Stefano Gilardino e Luisa delle Clito, finalmente, si ricostruisce la storia della band e si scopre anche qualche aneddoto divertente. E lo stesso vale per i No Submission poi diventati Wax Heroes, che ci dimostrano come nel nord est oltre al Great Complotto (che è comunque tanta roba) c’è di più.I Confusional Quartet facevano parte dell’area più creativa e sperimentale della scena bolognese, tanto che parlare di punk, nel loro caso, risulta decisamente riduttivo, mentre i Jumpers e i 198X di Milano – di cui è uscito qualche tempo fa un interessante disco antologico per Rave Up – sono due band che incarnavano alla perfezione “il nuovo rock” metropolitano di fine anni Settanta di ispirazione inglese.
Cito per ultimi i Dirty Actions perché, per loro, provo un affetto e un trasporto particolare, essendo di Genova e avendo scritto, insieme a Johnny Grieco, la loro biografia. L’intervista contenuta nel “Quaderno”, che era già uscita in forma ridotta alcuni anni fa su Rocksound, è parecchio illuminante per chi non conoscesse la band. Ma non voglio aggiungere altro. Anche perché poi c’è il cd: con una messe di brani storti, graffianti e ingenui, che rappresentano un riassunto perfetto di cosa fosse il primo punk italiano, in tutta la sua confusione – come dicevamo prima – e la sua naturale eterogeneità.
Ogni band interpretava la “nuova onda” come meglio credeva, facendo appello alla propria creatività e con pochissimi mezzi a disposizione. Oggi il punk, grazie anche alla tecnologia e all’abbondanza di informazioni a disposizione di tutti, rischia di essere un suono codificato, senza troppo margine di manovra. Mentre all’epoca era qualcosa di informe, urticante e urgente. Qualche nome tra i gruppi che troverete nel cd? Windopen, Rats, Hitlerss, Sorella Maldestra, Clito, Ice and the Iced, Skiantos…
“Il quaderno del punk” dei fratelli Gilardino ci restituisce, con i suoi quadretti grossi e le sue pagine ingiallite dal tempo, l’atmosfera pionieristica, incendiaria e “immatura” di quell’incredibile periodo storico. La testimonianza di due ragazzini di provincia che sognavano Londra e avevano capito, prima di tanti altri, che la musica non sarebbe stata più la stessa.
(clicca qui per leggere l’articolo originale, sul blog huskercore di Diego Curcio)