Masterpieces from all times part 80: The Last Poets – The Last Poets – 1970

di Redazione, pubblicato il 9 Febbraio 2025

Continuiamo la nostra serie di podcast di album fondamentali della storia del rock, e per questa nuova puntata parliamo di un un collettivo afroamericano di poeti e musicisti nato alla fine degli anni ’60 a New York, considerato uno dei precursori dell’hip-hop e della spoken word politica. Sono The Last Poets, ed emersero nel contesto del movimento Black Power, con l’intento di dare voce alla frustrazione e alla rabbia della comunità nera attraverso una poesia militante accompagnata da percussioni. Il collettivo si formò il 19 maggio 1968, giorno del compleanno di Malcolm X, durante un raduno nel Marcus Garvey Park di Harlem. L’idea era quella di creare una nuova forma di espressione artistica che unisse poesia, musica e attivismo politico. Il nome  venne ispirato da un poeta sudafricano, K. M. Ntumbela, che sosteneva che la poesia sarebbe stata l’ultima forma di resistenza prima della rivoluzione armata.

Il masterpiece delcollettivo è senz’altro il primo album omonimo, pubblicato nel 1970 dalla label Douglas Records, opera di spoken word su ritmi percussivi minimalisti, con testi carichi di protesta sociale, orgoglio nero e denuncia del razzismo e dell’oppressione. Questo album è stato censurato in molte radio per il linguaggio esplicito e i temi incendiari, ma ha avuto un’enorme influenza sulla cultura hip-hop. Artisti come Public Enemy e Gil Scott-Heron hanno ripreso la loro estetica e i loro messaggi. Ancora oggi, The Last Poets è considerato un manifesto della resistenza e un’opera imprescindibile per chi vuole comprendere le radici del rap consapevole.

Tredici brani che partono con l’opener Run, nigger, pezzo brutale e provocatorio che affronta il tema della fuga dalla repressione razziale, e tra i quali segnaliamo il terzo Niggers are scared of revolution, accusa diretta agli afroamericani che, secondo il gruppo, non erano pronti a lottare per il cambiamento, o il nono When the revolution comes, inno politico che richiama la necessità di un’azione radicale. Il collettivo era guidato da Jalal Mansur Nuriddin (in arte Alafia Puddim), che, disertore, aveva conosciuto in carcere Omar Ben Hassen e Abiodun Oyewole (vero nome Charles Davis). Completava la formazione il percussionista  Raymond Hurrey (in arte Nilaja Obabi).

Buon ascolto.

the last poets
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