Masterpieces from all times part 49: Robin Hitchcock – I often dream of trains – 1984
Continuiamo la nostra serie di podcast di album fondamentali della storia del rock, e per questa nuova puntata parliamo di un album di si occupa di uno dei capolavori di un personaggio che ha fatto la storia del secondo periodo della psichedelia britannica. Si tratta di Robyn Hitchcock, londinese, a inizio carriera nel pieno del movimento post punk / new wave con la doppietta Soft Boys di A can of bees e Underwater moonlight, in seguito vate dell’epoca neopsichedelica britannica sia con gli Egyptians che da solista, sfornando capolavori quali Eye, I ofter dream of trains, Element of light e Fegmania!, solo per citarne alcuni.
Ed è proprio I ofter dream of trains, pubblicato nel 1984 (terzo album in studio) dalla label Midnight Music, l’album che proponiamo in questa rubrica; un delirio proveniente da una clinica psichiatrica composto dalle ossessioni e dai fantasmi psichici dell’autore, esorcizzati tramite un atteggiamento da avanguardia surrealista e un’ironia beffarda. Musica d’accompagnamento minimale e scarna, basata sul suono di voce (liriche deliranti), chitarra (prevalentemente acustica), piano e poco altro, che dà vita ad atmosfere evocative con il minimo dei mezzi (cit.Ondarock). I brani presentano testi complessi che spesso esplorano temi onirici, surreali e filosofici.
L’album è quasi completamente un lavoro solista, con Hitchcock che suona tutti gli strumenti da solo, oltre ad aver scritto tutti i brani. Compaiono in un paio di brani il sassofonista James Fletcher e il bassista Chris Cox. L’album è aperto e chiuso da due frammenti di piano solo (Nocturne), mentre segnaliamo il punk acustico (alla Violent Femmes) di Sometimes I Wish I Was A Pretty Girl, il simil barrettiano This Could Be The Day, la futuribile e visionaria Heart Full Of Leaves e la zappiana Mellow Together.
Buon ascolto.