Live from the past vol.156: Ornette Coleman – Town Hall, 1962
Questa centocinquantaseiesima puntata di streaming di concerti integrali del passato, si occupa di un sassofonista e compositore divenuto leggenda del jazz, che ha aperto al genere nuove strade, soprattutto attraverso il suo approccio innovativo e rivoluzionario al sassofono e alla composizione; uno dei primi musicisti a rompere con le convenzioni armoniche e strutturali del jazz tradizionale, abbracciando un approccio più libero e sperimentale alla musica. Ha introdotto concetti come l’improvvisazione senza tonalità fissa e l’uso di scale e modalità non convenzionali, che hanno aperto nuove possibilità creative per i musicisti jazz.
Si tratta ovviamente di Ornette Coleman, nato in Texas (Fort Worth) e successivamente trasferitori a New York, dove alla fine degli anni cinquanta ha iniziato una strepitosa carriera, costellata da album che hanno ridefinito le coordinate e ne hanno fatto il principale pioniere del movimento free jazz. In particolare vanno segnalati The Shape of Jazz to Come del 1959, che ha segnato un punto di svolta nel jazz moderno, cosiccome Change of the Century” dello stesso anno, This Is Our Music del successivo e, soprattutto, quello che comunemente considerato il suo capolavoro, Free Jazz: A Collective Improvisation del 1961.
Il disco che proponiamo grazie alla pubblicazione nel 1965 dalla label ESP Disk è stato registrato la sera di Natale del 1962 alla Town Hall di New York, e presenta una serie di composizioni originali di Coleman, tra cui Doughnut e Sadness, che mostrano la sua genialità nell’innovazione melodica e ritmica. La musica è caratterizzata da una forte componente di improvvisazione, con i musicisti che esplorano liberamente spazi armonici e ritmici senza vincoli convenzionali. Uno dei momenti più notevoli dell’album è la traccia Dedication to Poets and Writers, che mostra la profonda connessione emotiva e spirituale tra i musicisti durante la performance dal vivo ed è considerato il primo esempio di musica da camera ormolodica, ma notevole è anche l’epica improvvisazione di oltre 25 minuti dal titolo The Ark.
Questo album, oltre a Coleman con il suo leggendario sax alto, vede la presenza del bassista David Izenzon e del batterista Charles Moffett, ma la traccia sopra descritta coinvolge un quartetto d’archi formato dai violinisti Selwart Clarke e Nathan Goldstein, dalla viola di Julien Barber e dal violoncello di Kermit Moore.
Buon ascolto.