Kurt RussHell – new album – Whalerus – recensione
Il primo vero album dei Kurt RussHell è un’ autoproduzione, (è stato registrato al Madido di Genova Sampierdarena), presenta piacevoli architetture: inanzitutto è un concept “distopico” e “post apocalittico”, si scaglia contro il capitalismo globale e propone un finale a sorpresa: l’estinzione umana.
L’ altra sorpresa è l’ essenza felicemente “acida” delle loro frequenze saturate e le vibrazioni “doom”, che esaltano il climax della narrazione tragica.
La prima canzone Civilizzation che si scaglia subito brutalmente contro il sistema, soggiogato dalla frenesia del consumismo, è un uragano emotivo, presenta interessanti cambi tempo improvvisi all’interno delle strofe, che sono la base di forza del loro stoner, di matrice quasi crossover / metal psichedelico (Rage Against the Machine, Tool etc.) .
La chitarra di Alessandro Camu è nevroticamente onnipresente, (David Sullivan, Red Fang) solida e progressiva, (Josh Homme, Tony Iommi) con riff semplici e robotici intervallati da “cuciture” di svise hard/psych, leggendarie ed hendrixiane.
Il secondo brano Giantess, è un vortice “bipolare” di sincope, potenza e sospensione, Davide Barba Bartoli è veramente un batterista affidabile e leggermente freak, facendo la differenza che un batterista deve fare; infatti da questa sospensione si apre concettualmente una breccia spazio-tempo, dalla quale compare La gigantessa, che è il simbolo mitologico femminile della distruzione. Ottimo anche il basso di Andrea Ciccio Cau.
Una metafora accentuata dalla muscolare voce post hardcore di Alberto Minghella (Henry Rollins, Black Flag) e quel tocco di classe quasi emo-core di Dennis Lyxzen dei Refused.
Le chitarre imbizzarrite, sfumano nello sludge più seattleiano degli Earth; ed è così che la nostra gigantessa distrugge l’ intero pianeta, ma nonostante ciò l’umanità accecata, continua a venerarla.
Nel terzo brano Whalerus si manifesta il vero protagonista, antagonista, un tricheco- balena, che si scontra con la gigantessa. I due se le danno di santa ragione, senza un motivo nè scopo preciso, distruggendo tutto ciò che vi sta intorno.
Iin Human collapse, il quarto brano, la terra è oramai al collasso e l’umanità è orwellianamente divisa in due, ricchi e poveri (in un atmosfera nostalgicamente cyberpunk anni ’80); i ricchi si rifugiano nei loro bunker, ma i poveri li scovano per poi cibarsene, come nei migliori incubi dylandoghiani o nei peggio incubi di George Romero.
I due brani successivi The Hollow ed Hashes sono una descrizione ed un resoconto tragico delle condizioni dei superstiti, che vagano alla ricerca dei propri cari e del passato, i quali andranno completamente incontro ad un estinzione di massa .
L’ ombra e l’ apocalisse calano su Hope, l’ultimo brano, in cui tutta l’ umanità è scomparsa e ma vi è un superstite, un individuo disorientato dalla propria condizione: l’incubo è oramai anacronistico e coscienziale, l’ individuo non riesce a ricordare nulla tanto da addossarsi la colpa di tutto, o peggio nulla è addirittura mai accaduto. Alberto mi ha rivelato: alla fine è una roba “Supernerd” o fantasy con in mezzo l’odio per la borghesia, la parte negativa delle droghe, o il fatto che siamo fottutamente soli.
Buon ascolto.