Il Segno del Comando – Il Segno del Comando – 1997 – 2019 – recensione
Una bella occasione (grazie a Black Widow Records, ndr) per ripassare un classico della rinascita progressive italiana degli anni Novanta. Era il 1997 quando un gruppo di musicisti genovesi, in parte gravitanti attorno all’orbita dei Malombra (nelle figure del bassista Diego Banchero, del chitarrista Matteo Ricci e del cantante Mercy), decide di dare vita ad un progetto intorno ad uno dei più affascinanti sceneggiati della TV italiana: Il Segno del Comando. A dirla tutta, va ricordato che, quasi dieci anni prima, per Rusconi, avvenne la traslazione su romanzo del plot televisivo da parte dell’autore Giuseppe D’Agata, poi ristampato da Newton Compton nel 1994.
È il periodo del cosiddetto “rinascimento prog”: stanno nascendo diversi gruppi che si ispirano ai grandi miti dei 70’s (Genesis, Yes, PFM, Banco, Orme, King Crimson, Pink Floyd, Jethro Tull e Yes i più gettonati); diversamente, Il Segno del Comando, per natura, decide di percorrere un viaggio a ritroso più “sotterraneo”, con particolare attenzione a tutta quella filiera progressive che, pur non rinunciando all’apporto sinfonico, vive soprattutto di una sensibilità “oscura”, gotica (della serie: meglio l’organo da chiesa che l’Hammond) con solidi addentellati nel sound più hard.
Insomma è un percorso a ostacoli che fa interagire i colori dei Goblin con le ombre del Museo Rosenbach, attraverso le intemperanze ritmiche del Balletto di Bronzo (ma anche del Banco) e il canto dissonante degli Jacula: paradigmatica in tal senso è la sintesi mostrata da brani come Missa Nigra (con un’energetica coda in 11/4), Ghost Lovers in Villa Piuma (un’orchestra neobarocca di tastiere), La taverna dell’angelo e Messaggero di pietra (entrambi dalle convincenti iniezioni heavy). Menzione particolare per la title track che ci riporta alla memoria talune composizioni miliari della Reale Accademia di Musica (Vertigine), Raccomandata con Ricevuta di Ritorno (Su una rupe), Teoremi (Mare della tranquillità) e Il Rovescio della Medaglia (Alzo un muro elettrico).
Alcune elaborazioni rasentano la raffinatezza di certe colonne sonore televisive (Ritratto di donna velata (Lord Byron’s Night Promenade)) oppure esperimenti “ambientali” (se non addirittura “noise”) prossimi alla musica contemporanea (Tenebrose speranze). L’ensemble non esita a lasciare un omaggio al soundtrack originale riproponendo Salmo XVII Di Baldassarre Vitali O “Della Doppia Morte” di Luis Bacalov.
All’inizio della recensione ho fatto riferimento ad un’occasione, infatti nel 2019 la Black Widow Records ha ristampato su vinile e CD l’esordio di Banchero & C. anche inserendo una bonus track (Magia postuma), una sorta di waltz blues dall’inaspettato (ma oltremodo piacevole) profilo acid jazz. Lo stesso Banchero, nel corso di una conversazione privata, mi ha raccontato che Magia postuma sarebbe stato uno dei primi suoi tentativi di fondere l’Electric Hard Bop con la Horror Music; e, sotto sotto, si scopre che in origine il Segno del Comando era nato come un quartetto di fusion, quando il bassista, allievo della Scuola Jazz di Genova Quarto, decise di avviare il progetto con alcuni compagni di musica d’insieme.
Articolo originale su ScrittoreProgressivo