Recensione album: David Lenci & the Starmakers – David Lenci & the Starmakers – 2014
David Lenci & the Starmakers – David Lenci & the Starmakers – 2014 – Go Down Records
by Roberto Giannini
Era atteso da oramai più di un paio di anni. Era la fine del 2011 quando i rumors su una possibile pubblicazione a nome David Lenci iniziarono a circolare. Dopo essere stato dietro la consolle in decine di progetti, uno dei produttori più apprezzati in Italia (e non solo), fondatore dell’avveniristico Red House Recordings di Senigallia, decide che è giunta l’ora di un’avventura solista a pieno titolo. Si sceglie accuratamente la sua band di supporto, Gabriele Carta al basso, il chitarrista Riccardo Carestia e, curiosamente, il leader (cantante e chitarra solista) dei Temple of Deimos Fabio Speranza alla batteria.
A fine 2013 il lavoro viene dato alle stampe (esclusivamente in versione vinilica) dalla Go Down Records ed ecco che “David Lenci & the Starmakers” è oggi disponibile per tutti gli appassionati, soprattutto per quelli che hanno amato un certo tipo di sonorità provenienti dall’estremo Nord Ovest statunitense per tutto il corso degli anni ’90.
E già, poichè fin dall’attacco al fulmicotone di Refugee, con pesanti ritmiche su timpani e tom che quasi sovrastano una voce che inizia a delinearsi quale piuttosto particolare, e le chitarre di Carestia e dello stesso Lenci che tessono ottime trame, è la scena di Seattle quella che al primo impatto balza in mente all’ascoltatore. Le conferme arrivano subito con Heartattack, ottimo brano che rievoca sonorità e vocalizzi di Alice in Chains, nonostante le ritmiche serrate e un finale decisamente noise. Si prosegue con Old Guys Never Die, brano acido nel quale la splendida voce di Lenci raggiunge vette che si pongono in una posizione tra Eddie Vedder e Mark Lanegan, cosiccome la splendida ballata malinconica Carlo. L’attacco fulminante di Beating Hearts apre un brano si una potenza e tecnica inaudite, due minuti e mezzo di ritmi sincopati che sembrano provenire dai Pearl Jam del periodo Binaural per poi approdare ad un’altra ballata, A Matter Of Choice, dal sapore laneganiano, con tocchi di steel guitar. Sailing To A Dream è il singolo, dal quale è stato tratto il video che potete vedere qui sotto, con sonorità zeppeliane del periodo III e IV e sfumature southern. The Faraway Son è un pezzo che supera i sei minuti , con prima parte “unplugged”, voce molto crooner che si avvicina a Tom Waits (torna in primo piano la steel di Sergio Carlini dei Three Second Kiss), prima dell’esplosione finale. L’album scivola verso la fine con la seducente The Circle Game e la ritmica incalzante di The Train Has Gone, dove spicca l’ottimo lavoro alla batteria di Fabio Speranza.
Un disco d’esordio centrato, quello di David Lenci, nel quale affiorano le innumerevoli esperienze effettuate dal produttore e tecnico del suono, in particolare quelle con il mitico Steve Albini e con l’ex June of 44 Sean Meadows, con il quale collaborò per il progetto Red House Blues Revue.
Un disco che vi farà tornare indietro nel tempo, almeno di un ventennio, ma che suona fresco ed emozionante anche in questi anni ’10 del nuovo millennio
[av_video src=’https://www.youtube.com/watch?v=PxHLLB4HUAg’ format=’16-9′ width=’16’ height=’9′]
[av_video src=’https://www.youtube.com/watch?v=WD5Hi02UQAA#t=0′ format=’16-9′ width=’16’ height=’9′]