Recensione libro: Alessio Marino, Massimiliano Bruno – Terzo grado: indagine sul pop progressivo italiano – 2015
by Roberto Giannini
Nei mesi scorsi l’ottima casa editrice Tsunami Edizioni ha pubblicato sul mercato Terzo grado: indagine sul POP PROGRESSIVO italiano, accurata ricerca svolta da Alessio Marino, grandissimo esperto del periodo beat autoctono e ideatore dell’archivio Beat Boutique 67, e dal suo collaboratore e grande collezionista di dischi Massimiliano Bruno.
Parto subito dal presupposto che questo Terzo grado è un ottimo volume, che nelle circa 400 pagine indaga su nascita, sviluppo e scioglimento di svariate decine di “complessi”, molto spesso misconosciuti (a parte alcuni grandi nomi, quali Le Orme, Equipe 84, The Trip e Stormy Six, raccontati però solo in periodi particolari della loro carriera), che hanno contribuito a sviluppare una scena molto florente e creativa, soprattutto tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70.
Il volume è diviso idealmente in tre parti: la prima è una ricchissima introduzione da parte dell’autore principale, nella quale svela in maniera molto chiara ed essenziale (a tutto vantaggio dei lettori che non hanno grandi conoscenze sull’argomento) la situazione sociale e culturale dell’Italia di quel periodo, lo sviluppo dei fenomeni che porteranno all’esplosione del beat (dapprima completamente derivativo dai modelli angloamericani e solo in seguito diventato autonomo e peculiare), il ruolo dei media (RAI e TV svizzera in particolare) e delle prime riviste di settore, la terminologia “giovanile” utilizzata, il significato dell’aggettivo POP, la trasformazione del beat in progressive e molto altro. Forse è proprio l’introduzione il valore aggiunto di questo volume, un lucido sunto che potrebbe anche essere estrapolato dal resto del volume e fatto studiare alle giovani generazioni.
L’indagine vera e propria è invece strutturata a mo’ di interrogatorio, con gli intervistati che devono difendersi da (ironiche) accuse formulate in fase di istruttoria. Le domande poste dagli autori ai vari protagonisti sono generalmente simili, e mantengono sequenze cronologiche ben precise. Ed ecco che parlando di una band (anzi, di un complesso) escono riferimenti ad altre ancora più misconosciute della stessa zona o comunque della stessa scena. Certo, il rischio di perdersi nei meandri di nomi e componenti è realissimo (anzi, sicuro!!!), ma chiunque potrà fin da subito rendersi conto dell’immane lavoro svolto per produrre una “fotografia” del periodo, indelebile ed incontestabile.
Rispetto a questa parte del volume, molto corposa e dettagliata, il consiglio al lettore è quello di sincronizzare la lettura con l’ascolto, grazie a YouTube (e al contributo di Beat Boutique anche su questa piattaforma), della gran parte dei brani e degli album citati dagli autori. Scoprirete delle gemme mai udite prima (ad eccezione di qualche incallito collezionista di 45 giri), vi commuoverete di fronte a cotanta grazia, a produzioni favolose di band (anzi, “complessi”) dai nomi molto spesso assurdi (quasi sempre tratti dal mondo animale o floreale) ed autori molto spesso di non più di due o tre singoli.
Eccellente anche l’ultima parte (di Massimiliano Bruno) del volume, che riprende la struttura della prima e ci spiega quella che è stata la parabola del progressive, dalla sua genesi post-beat allo splendore dei primi anni ’70 (con la conseguente nascita dei festival pop) , fino alla crisi e al decadimento dopo circa un lustro.
In appendice è presente anche un esauriente discografia di rarità ed inediti che allieterà la lettura dei più avvezzi alle faccende di quel periodo.
Un volume consigliatissimo, un pezzo di storia importantissima della nostra cultura; un libro adatto ad esperti e neofiti, da gustarsi piano piano, con i tempi e i mezzi necessari ad un immersione nei meandri di un oceano di gemme preziose. E il naufragar, vi sarà dolce in questo mare