Vittorio De Scalzi, musicista completo
Sono parecchi i ricordi che mi legano a Vittorio De Scalzi. Erano i tempi del Centro Studi per il Progressive Italiano e del mio primo libro Codice Zena, una finestra temporale tra 2002 e 2006.
Diversi pomeriggi trascorsi nello studio dell’appartamento di Priaruggia, spesso guardati a vista dal bassotto che gironzolava per casa. Lì, Vittorio, con estrema pazienza mi aveva raccontato la storia dei New Trolls, sottoponendosi a qualsiasi domanda e rispondendo sempre in modo esaustivo, anche quando l’ intervistatore curioso poteva avere sorpassato il segno. Ma Vittorio non era uno che si tirava indietro e con generosità selezionava le parole, affinché non rimanessero dubbi.
Generosità che poi si estese anche a proposte di ascolto (allora) inedite, idee in fieri, spunti presi qua e là tra chitarra e pianoforte, per mostrare sempre come funzionasse il motore della sua musica. Un giorno mi mostrò con orgoglio la bellissima Gretsch color pistacchio, consentendomi addirittura di appoggiare un timidissimo Do maggiore.
Ebbi l’onore di averlo a fianco in più di un’occasione, fosse la promozione del libro o per iniziative di divulgazione musicale; inoltre, grazie soprattutto all’incoraggiamento di Iaia De Capitani e Franz Di Cioccio, proseguii con la prima biografia dei New Trolls (Dal pesto al sushi), quindi le nostre strade ripresero ad incrociarsi per finalizzare quel dettaglio, magari, non precisato meglio nel volume precedente.
Quindi l’ho studiato bene l’artista Vittorio e per me era, è e resta il prototipo del musicista completo in ambito rock, figura facile da trovarsi in area anglosassone, ma non proprio presentissima nella realtà italiana.
Ripercorrendo la sua carriera con i New Trolls (e vari spin-off), il particolare che mi ha affascinato di più va colto nella versatilità polistrumentistica della sua formazione ed esperienza: passava con agilità (e abilità) dal flauto traverso alla chitarra per passare alle tastiere. Sempre padrone della tecnica, qualsiasi ruolo assumesse – fosse alla Stratocaster o al Fender Rhodes – dimostrava capacità esecutive di alto livello. Una natura eclettica capace di fare convivere il flautista classico, il chitarrista blues e il keyboard wizard dal Dna prog.
Queste capacità, talvolta, emergono da dischi magari meno noti o di cui si parla meno, come il primo omonimo dei New Trolls Atomic System o il secondo Tempi dispari (dove si produce in un solo di chitarra alla Santana in Sette quarti).
In Italia il Progressive nasce anche con i New Trolls e Vittorio, più di altri nella band, aveva una predisposizione particolare per il neonato genere; ricordo sempre come quel suo amore per i King Crimson finì per dare forma al finale de La prima goccia bagna il viso.
Eppure, quella passione entusiastica per il prog non gli fece mai mettere in soffitta le ascendenze radicate negli anni Sessanta; non mi riferisco tanto al beat o alla psichedelia, quanto al soul e al rhythm’n’blues.
Questo è il pretesto ideale per toccare il primo strumento: la voce. Un unicum: la voce di Vittorio la riconosci subito. Una tonalità medio – grave non scevra di tinte black che sanno sprigionarsi per bene, soprattutto quando la nota chiede di salire, verticalizzare la frase sfiorando le vette di uno Ian Gillian (spulciate nella side pseudo – live di Searching for a Land oppure riascoltate Ibernazione di New Trolls Atomic System). La forma viene plasmata dalla melodia, dal gesto vocale, figlio in parte di una certa tradizione leggera italiana, ma assolutamente non estranea al magistero (anche polifonico) dei Beatles.
Buttatevi in Senza orario senza bandiera e, appena la puntina tocca il vinile, Genova sa di Liverpool e, sotto sotto, ci convinciamo che, forse, anche noi abbiamo avuto i nostri Lennon e McCartney e proprio dentro i New Trolls.
Arriviamo così al songwriter. Un percorso lungo, maturato grazie a tante amicizie virtuose (De André, Mannerini, Bindi, Zero, Dalla…) i cui frutti più ricchi sono quelli della maturità con Mandilli e Gli occhi del mondo, in cui la lezione cantautorale talvolta si sposa con l’adattamento al dialetto genovese. Due dischi assolutamente da riprendere anche per cogliere un bilancio artistico capace di sintetizzare mille esperienze di peso.
C’è anche il Vittorio De Scalzi manager, o meglio, talent scout che arriva addirittura a creare con il fratello Aldo una label indipendente (la Magma / Grog) nel centro di Genova (prima allo Studio G, poi al Forte di San Martino) per incoraggiare i giovani virgulti del prog italiano (Alphataurus, Pholas Dactylus, Picchio dal Pozzo, Celeste, la Corte dei Miracoli), offrire solidità a realtà già note (oltre ai New Trolls, i Latte e Miele di Aquile e scoiattoli), nonché fissare su vinile Genova e la canzone dialettale.
Vittorio e i giovani, dopo il 2000: collabora con ottimi musicisti che vedremo passare in La Storia dei New Trolls, La Leggenda New Trolls e in altre sue iniziative. I nomi si perdono e sono tutti talenti riconosciuti a livello nazionale e internazionale: Roberto Tiranti, Edmondo Romano, Mauro Sposito, Andrea Maddalone, Francesco , Lorenzo Ottonello…
Non so se i New Trolls siano stati i Beatles italiani, ma sono assai convinto che Vittorio De Scalzi sia il musicista italiano più vicino a Paul McCartney. Polistrumentista, spontaneità naturale per la scrittura melodica, senso orchestrale del gruppo rock, curiosità oltre il proprio giardino di suoni (e popolarità), entusiasmo sperimentale, voglia di fare musica. Sempre.
Al di là di qualsiasi parallelo, la vita musicale di Vittorio De Scalzi non è stata solo un’ampia lista di canzoni: c’è un modo di fare musica che merita di essere tramandato. Va bene rivivere le emozioni di brani indimenticabili, ma non trascuriamo l’enorme magistero alla base e che ci può aiutare a guardare in avanti, verso panorami musicali che potrebbero trarre solo giovamento dalla sua opera.
(Riccardo Storti) – articolo originale sul blog dell’autore