Masterpieces from all times part 12: Mogwai – Young team – 1997
Continuiamo la nostra serie di podcast di album fondamentali della storia del rock con un altro album seminale degli anni novanta, pubblicato da una band scozzese che è diventata punto di riferimento importante di questo primo ventennio del nuovo millennio in ambito post rock, band di nome Mogwai ed attiva tuttora, dopo oltre una dozzina di album tutti di ottimo livello,
Non c’è stata molta discussione sul fatto che questo esordio su lunga durata della band di Glasgow (precedentemente avevano pubblicato una raccolta ed un ep), dal titolo Young team sia il loro disco più importante e più riuscito, laddove capacità tecniche e cambi di tempo ed intensità sonora (prerogative di certo prog), uniti alla scelta di non utilizzare il cantato (a parte un brano nel quale è ospite Aidan Moffat degli Arab Strap) ne fanno un kolossal da cameretta con cui la band scozzese aprì una nuova via al post-rock (cit. Ondarock). La band dell’esordio è un quintetto formato dai chitarristi Stuart Braithwaite (compositore principale) e John Cummings, dal bassista Dominic Aitchison (anch’esso autore di parte dei brani), dal batterista Martin Bulloch e dal tastierista Brendan O’Hare.
Dieci brani per quasi un’ora di grande musica, pubblicati dalla label scozzese per eccellenza (fondata dai The Delgados), la Chemikal Underground, un vero monumento all’interno del quale spiccano gli oltre dieci minuti di Like Herod, manifesto programmatico della band, e il quarto d’ora abbondante di trip catartico, la conclusiva Mogwai fear Satan, ma l’intero lavoro merita il plauso e si pone quale chiusura di un cerchio iniziato all’alba del decennio con i capolavori di My Bloody Valentine e Slint.
Buon ascolto.